martedì 21 agosto 2012

Caccia al magistrato!


Sembra che negli ultimi tempi il nuovo sport nazionale sia diventato la “caccia al magistrato”. Il Governo contro la procura di Taranto, il presidente della Repubblica contro i pm di Palermo, il Governo contro l'Anm (a sostegno del Presidente della Repubblica)... Di nuovo il “grave” (madonna quant'è grave) problema delle intercettazioni, la ricerca di una Legge per limitare “l'arroganza” e lo “strapotere” di quei cattivoni dei magistrati, i conflitti di attribuzione, eccetera. Guardo i titoli dei giornali e penso: ma è tornato Berlusconi? No, perchè sembra di stare (pari pari) nel periodo della legislatura berlusconiana. Pensavo che certe cose fossero appannaggio esclusivo di un Presidente corrotto e ladro, il quale si comportava in quel modo perchè convinto che lo Stato fosse un mezzo “a proprio uso e consumo” (utile solamente per tirarsi fuori dai guai giudiziari). Credevo che una volta caduto tale omuncolo non avremmo MAI più assistito a scontri fra poteri dello Stato, a tristi mortificazioni e desolanti picconamenti della nostra Democrazia. Alzi la mano chi avrebbe mai pensato che i “Presidenti tecnici” (grandi sostenitori della democrazia europea) si sarebbero permessi (anche loro) di interferire nell'attività della magistratura? Credo nessuno. Tutti convinti che con l'arrivo di Monti, uomo beneducato e sobrio, così lontano dallo stereotipo dello svaccato e strafottente Berlusconi, non avremmo più assistito a certe scempiaggini. Invece no. La manfrina, o perlomeno buona parte di essa, non è cambiata. I casi sono due: o abbiamo sopravvalutato Berlusconi (alla luce di quanto sta accadendo, spiace dirlo, ma vien fin quasi da ridimensionare l'agire deplorevole del caimano di Arcore), o Berlusconi ha “fatto scuola” (nel senso che gli altri, vedendo che lui poteva farlo, si son detti: ma scusate, perchè non possiamo farlo pure noi?)... Oppure, molto più semplicemente, c'è un sistema economico e uno Stato talmente marci da provare enorme fastidio nel vedersi bloccare le proprie “folli corse” da regole e da norme (in poche parole, si vorrebbe andare verso un sistema giudiziario all'americana). Berlusconi è stato forse solo la “punta di diamante” (a suo modo, con i suoi estremismi e particolarità) di un sentimento che cresceva da molto tempo sottopelle, e che ora sta venendo alla luce chiaro. In Italia, e in special modo negli ambienti di Sinistra, si fa spesso l'errore d'individuare un “problema” e di riversare su di esso tutto il male del Mondo. In realtà, molto spesso, il problema è decisamente più ampio ed allargato.


Il punto è che la magistratura riveste spesso il ruolo di guastafeste, pignola e “indagatrice”. Quando un “sistema”, qualunque esso sia, è lanciato in una folle corsa, e non può fermarsi per nessun motivo al Mondo (causa la sua morte stessa), quello stesso sistema non può che vedere con profonda diffidenza qualunque “ente” sia in grado di stopparlo. Così è stato per Berlusconi, la cui ascesa imprenditoriale e politica è stata caratterizzata dal “fregarsene delle regole”: uno stop, una condanna, avrebbe fatto venire giù tutta l'impalcatura (di sabbia) che si era costruito. Così è per l'Ilva di Taranto, che è andata avanti anni grazie a collusioni e accordi sottobanco: uno stop non solo comporterebbe la perdita di competitività sul mercato (causa la folle corsa e i disumani meccanismi del sistema capitalistico), ma farebbe anche venir fuori (come in effetti già sta accadendo) nomi e figure delle compiacenze che si sono verificate. Così è anche, e sopratutto, per la storia della trattativa fra lo Stato e la mafia. Da molte parti, su questa questione, si vorrebbe non arrivare a nessuna conclusione o verità. C'è stata una pagina nerissima e vergognosa, che ha coinvolto buona parte dei vertici dello Stato (di diversa estrazione politica)... Nessuno avrebbe mai voluto, o sperato, si andasse a ritirare fuori questa storia. Certi cassetti non vanno mai aperti, specie quando si è riusciti ad occultarli con tanta bravura. In buona combutta fra tutti quanti, si era deciso di svolgere determinate operazioni (tenendo all'oscuro, come ovvio, la popolazione), e di seppellire poi quelle stesse operazioni sotto tonnellate di silenzi. La Magistratura è arrivata, da buona rompiballe, a chiedere di scoperchiare certi pentolami del nostro passato... E questo sta dando fastidio a molti, da più parti. Si vorrebbe tentare di ricacciare nell'ombra certi demoni che stanno riaffiorando. La strategia è chiara: nascondere, depistare, ostacolare, minimizzare... Siccome ormai è più che evidente che una trattativa di qualche natura ci sia stata, si tende addirittura a voler “burlare” l'azione dei magistrati. Dicono i detrattori: “han fatto la scoperta dell'acqua calda, i magistrati... C'è stata una trattativa fra lo Stato e la mafia... Embè, dove sta il problema? Lo Stato è in guerra con la mafia... In guerra non si tratta? Lo Stato ha trattato in guerra... Punto, semplice. Tutto qui!”.

Evidentemente certi personaggi non sanno, o fingono di non sapere, cosa sia la dignità di un Paese e di un popolo.

L'azione di Napolitano, ossia il sollevamento del conflitto di attribuzione nei confronti dei pm per le telefonate intercettate, va esattamente in questa direzione di marcia (ossia, nel tentativo di ostacolare l'arrivo a certe verità). Perchè, sennò, un Presidente della Repubblica dovrebbe comportarsi in questo modo? A parte che nella nostra Democrazia chiunque dovrebbe essere intercettabile (specie chi siede nei Palazzi del Potere, visti i non brillanti precedenti). A parte che la Legge, su questa questione, non è affatto chiara. A parte tutto, mi domando: ma perchè Napolitano, su una questione così delicata, ha voluto fare un intervento del genere? Non la trovate anche voi una nota stonata? Considerato che la trattativa fra Stato e mafia è stata una vergogna immonda per il nostro Paese, e considerato anche che fino ad ora è stata nascosta sotto migliaia di veli di omertà, un buon Presidente di Repubblica (che non ha nulla da temere) dovrebbe dire: “intercettate, intercettate tutti. Intercettate pure me. Non c'è alcun problema. L'importante è che si arrivi presto ad una verità su questa questione”. Questo dovrebbe dire un BUON Presidente della Repubblica, cazzo! Questo... Non sollevare fantomatici conflitti di attribuzione. Il problema delle intercettazioni è un falso problema. Diventa tale per chi ha qualcosa da nascondere. Male non fare - paura non avere, dice il proverbio della nonna. I casi sono solamente due: o Napolitano ha qualcosa da nascondere, oppure è un uomo profondamente stupido (solamente uno stupido, infatti, potrebbe pensare di fare pignolerie su una pagina così delicata per il nostro Paese). Nonostante tutto, preferisco pensare sia più corretta la prima opzione. I fatti danno da pensare anch'essi: Napolitano era già stato intercettato in precedenti indagini... Perchè non aveva mai sollevato alcun conflitto d'attribuzione? Perchè lo fa solo ora, e su un'indagine così delicata? Ragion logica suggerirebbe che se non l'hai fatto per delle indagini “minori” prima, non ti converrebbe farlo nemmeno ora (su un nodo così cruciale). Perlomeno non ti stupire se poi a qualcuno viene il dubbio ci sia sotto qualche mafagna.

Eppure, in Italia, il Presidente della Repubblica è intoccabile. Nonostante i fatti e la logica parlino da soli... Destra, sinistra, centro: tutti compatti a giustificare perennemente le azioni sbagliate di quest'uomo! Solo il povero Tonino Di Pietro ha osato dire qualcosa, ed è stato subito messo alla gogna. L'hanno scaricato tutti, il povero Tonino: persino il signor Vendolafaccia, che fino a pochi mesi fa ci faceva le conferenze stampa insieme, ha fatto il salto della quaglia per andarsi ad “alleare” con il Pd (bell'assist ha fornito la Sinistra al Pdl, su questa storia delle intercettazioni. Oggi i “berluscones” possono rivendicare di aver avuto ragione loro quando dicevano che serviva una legge sulle intercettazioni. Possono anche accusare la Sinistra di utilizzare due pesi e due misure... E in effetti, a vederla così, hanno pure ragione)!? Speriamo che almeno alla fine di questo settennato si possano elencare gli sbagli commessi dal Presidente (senza per questo essere accusati di “vilipendio alla Nazione”). Alla fine del suo mandato, si potrà finalmente dire che Re Giorgio è stato uno dei peggiori Presidenti della Repubblica che abbiamo avuto? Ha firmato praticamente qualunque porcata uscisse dal Parlamento di Berlusconi (anche norme che erano palesemente incostituzionali). Ha rinunciato a sciogliere il Governo del Pdl, quando c'erano tutte le condizioni per farlo (se Berlusconi fosse andato a casa prima, avremmo avuto molti meno problemi. Abbiamo dovuto aspettare se ne andasse da solo. Quando ciò è accaduto eravamo ormai praticamente sul baratro più nero della crisi economica). Ha spinto con tutte le forze per la nascita di un Governo tecnico: Governo non limitato nel tempo (se non per la fine naturale di legislatura), e caratterizzato da scelte politiche pesanti (non votate dagli italiani). Infine, quest'ultima azione deplorevole sul conflitto d'attribuzione (la più grave fra tutte quelle elencate. Le altre, seppur sbagliate, possono essere giustificate dai momenti e dalle circostanze. Questa no. Questa decisione è tutta in mano sua: nessuno lo obbliga, e nessuno gli chiede di dare conto di ciò che fa!). Del resto, basta guardare la storia politica di Napolitano per capire un po' com'è fatto: Giorgetto, partendo da buon comunista, ha presto spinto su scelte facilmente accondiscendenti e moderate, fino a giungere a mischiarsi con quella parte più “corruttibile” (diciamo così) del socialismo. Devo anche ammettere che a me fa un po' pena questo vecchietto. Non so se ve ne siete mai accorti, ma Napolitano ha pianto in diverse occasioni pubbliche (specie negli ultimi tempi). A me da l'impressione di un uomo che vede franare il sistema che ha intorno, e che non sa come uscirne. E' un po' come il Papa, perso e sperso. Il Papa, anche lui, vede intorno a sé una Chiesa completamente allo sfascio... Il problema è che, entrambi, non solo non sanno come uscirne, ma contribuiscono (con le loro azioni) al peggioramento della situazione.

In conclusione, io sto con i magistrati (per riprendere la petizione indetta dal “Fatto Quotidiano”). Sto con i magistrati non perchè mi stiano particolarmente simpatici (per esempio, nonostante stimi moltissimo il lavoro che porta avanti, non condivido l'eccessiva politicizzazione del magistrato Ingroia. Un magistrato non solo deve essere indipendente, ma anche apparire tale: certe partecipazioni a manifestazioni politiche, a mio avviso, forniscono alibi a chi lo vuole attaccare!), ma bensì perchè sono rimasti l'ultimo baluardo di democrazia e legalità nel nostro Paese. E' molto triste dover riconoscere ciò: prima della Magistratura dovrebbero esserci mille altre figure pronte a difendere i princìpi cardini. Purtroppo non ci sono (o perlomeno, non ci sono più). E' l'amara Verità: guardiamo il caso dell'Ilva di Taranto... Se non ci fosse stato l'intervento della Magistratura, tutto sarebbe continuato com'era (nella più totale inerzia). Oggi, seppure un minimo, Società e Stato sono costretti a porre rimedio e bonificare. Questo mi fa salire una rabbia tremenda, perchè i pm erano le ULTIME (ultimissime) figure predisposte a fare ciò. D'altra parte mi dico: meno male che esistono (ancora) i magistrati. Sono gli ultimi soggetti che, seppur involontariamente, riescono a mettere uno stop ad un sistema economico e ad uno Stato completamente marci. Qualunque altra logica o figura di garanzia, nel nostro Paese, è saltata.

La speranza finale rimane quella di cambiare radicalmente la classe dirigente e la mentalità di questa nostra disastrata Italia. Speriamo, come sempre.

Un abbraccio a tutti,
Anima Blu

sabato 11 agosto 2012

La lezione di Oscar (e altri piccoli aneddoti sulle Olimpiadi)


Nel marasma di cattive notizie che ci circondano, ce n'è stata una bellissima (passata sotto silenzio, o quasi): la partecipazione di Oscar Pistorius alle Olimpiadi. Mi sono davvero stupito di quanto poco se ne sia parlato... Diamine, ciò che è riuscito a compiere questo ragazzone sudafricano è stata un'impresa davvero STORICA! L'importanza della partecipazione di Pistorius alle Olimpiadi non sta tanto nel riconoscere le incredibili qualità (nonché la straordinaria forza di volontà) di questo atleta (tutte cose che, a mio avviso, dovrebbero essere ormai ampiamente scontate). Non importa nemmeno se abbia vinto o meno. La straordinarietà dell'impresa sta proprio nel significato etico che trasmette. Oscar, con il suo gesto, è riuscito a rompere quel “tetto di cristallo” (per utilizzare un termine riferito ad un'altra forma di discriminazione, ossia quella delle donne sul lavoro) che divideva i “normodotati” dai “diversamente abili”. La sua azione “eclatante” cambia (o perlomeno dovrebbe cambiare) il modo di vedere e di concepire la disabilità. L'idea che una persona amputata possa, con due protesi, correre insieme a tutti gli altri atleti “normodotati” è un qualcosa di talmente banale e, allo stesso tempo, talmente RIVOLUZIONARIO, da mettere i brividi. Fin da piccolo, e ancor di più crescendo e iniziando a lavorare nel mondo dell'arte, mi sono accorto di quanta netta divisione ci sia fra le attività dei cosiddetti “normodotati” e quelle dei “diversamente abili”: lo sport dei disabili, l'arte dei disabili, i festival dei disabili... Che palle!! Per ogni singola Realtà di Vita e di Azione degli esseri umani c'è sempre un mondo fatto per i cosiddetti “sani”, ed un altro (che gli scorre accanto, completamente parallelo) per i “diversi”. Nel mondo dell'Arte, ad esempio, ci sono due e vere proprie realtà distaccate e ben organizzate entrambe: l'Arte di tutti, e l'Arte dei disabili. Io faccio sempre l'esempio della musica “comune” e della musica “cristiana”: quest'ultima, seppure non sia conosciuta a livello generale, ha in sè un vero e proprio Mondo... Un Mondo fatto di artisti, di produttori, di organizzazione di festival/tourneè, di dischi. Insomma, una vera e propria realtà che scorre sottostante, e parallela, alla “sorella maggiore musica comune” (senza per questo mai sfiorarsi o incontrarsi). Lo stesso vale per l'arte dei disabili. Ci sono decine e decine di festival delle “abilità differenti”, di eventi celebrativi delle qualità dell'handicap, di enti che organizzano mostre di artisti disabili, e via di questo passo. Tutto, quasi sempre, parallelo e distaccato dall'Arte comune. Non c'è nulla di male, per carità. Solo mi domando: perchè deve funzionare quasi ESCLUSIVAMENTE in questo modo? Perchè la mia Arte deve interessare solo se inserita in un Festival appositamente dedicato, e non può essere inserita anche in un Festival per “tutti” (sto un po' estremizzando... Ovvio capitino anche inviti a rassegne “non specializzate”. Tuttavia, queste ultime sono nettamente la minor parte)? Una poesia, se è di valore, è tale sia che venga scritta da un poeta disabile che da un poeta normodotato. Una canzone, idem. Un quadro pure. Perchè devo considerare “colleghi”, e vengo considerato “collega”, solo da quelli che hanno un qualche tipo di menomazione come me? La trovo una cosa completamente assurda, priva di qualunque significato logico.


Oscar Pistorius, con il suo percorso, viene a dirci che questi concetti non sono assurdi solamente nel campo dell'Arte (o in altri), ma lo sono addirittura nello sport. Lo sport, per sua natura basata sul confronto e sulla prestanza fisica (nonché su una inevitabile competitività estrema), era forse l'unico ambito in cui una divisione fra “abili” e “disabili” era ancora concepibile e logica. Pistorius ci dimostra che anche li, con i giusti strumenti e con una buona dose di apertura mentale, si può competere assieme. La lezione finale è che, nel 2012, bisogna incominciare a pensare di unire insieme (tutte le volte in cui questo è possibile) mondi finora rimasti separati. E' proprio il modo di approcciarsi alla questione che deve cambiare... Bisogna iniziare a ragionare che, dinnanzi ad una situazione o a un evento, ci si deve prodigare (fin dall'inizio) per mettere dentro anche alcuni elementi di “diversità” (non ci dovrebbe nemmeno essere bisogno di ragionarci. Dovrebbe essere un meccanismo automatico!). Basta con le divisioni in compartimenti stagni. Basta con gli eventi “celebrativi” e separati. La vita intera è composta dalla “diversità”... Tutte le volte in cui è possibile, si deve onorare questo sacro principio naturale (è chiaro che per talune situazioni può non essere proprio fattibile. In quei casi ben vengano manifestazioni separate. L'importante è però averci provato, con tutti i mezzi possibili).

La bella lezione di Pistorius contrasta fortemente con il caso di doping del marciatore Alex Schwarze. Sinceramente non mi ha stupito più di tanto la coglionaggine di quest'uomo: del resto, da uno che vive fra le montagne e i pascoli e fa la pubblicità dicendo che preferisce mangiarsi i Kinder Pinguì, cosa bisognava aspettarsi (l'ho sempre pensato che era un po' un pirla, da quando la prima volta vidi quello spot)? Battute facili a parte... A me ha dato l'impressione che questo atleta altoatesino sia solamente uno dei tantissimi che si dopano (oserei dire, quasi tutti). Mi ha trasmesso la sensazione di una persona stanca, fortemente stressata dall'impegno che questa disciplina gli provocava, che ha VOLUTO farsi beccare (da come ha descritto la questione, mi sa tanto che i controlli sono delle gran pagliacciate. Credo se uno voglia farla franca non ci voglia molto... Basta qualche piccolo artifizio! Indi per cui, se tanto mi da tanto, chissà quanti si dopano senza essere scoperti!). Una cosa sola mi preoccupa fortemente: se una disciplina “secondaria” come la marcia (non me ne vogliano gli appassionati di questo sport) ti richiede tutto questo sforzo e impegno, i calciatori allora cosa fanno? Le questioni sono due: o Schwarze ha gonfiato la questione (per giustificare la sua cazzata), oppure non voglio pensare a cosa s'iniettano nelle vene i calciatori (i quali giocano la domenica, il mercoledì e quasi ogni santo giorno della settimana).

Peccato, perchè le Olimpiadi sono una bella occasione di sano confronto. Pur non essendo un appassionato di sport, non sono d'accordo con Grillo quando dice che le Olimpiadi sono il trionfo dei nazionalismi (perlomeno, non in un'accezione negativa). Le Olimpiadi credo siano un momento di sano confronto fra i vari Paesi del Mondo... Potremmo definirla quasi un'alternativa pacifica alla guerra, una sorta di combattimento ricco di competizione e privo di odio. Certo, anche questa manifestazione ha qualche bella pecca: il capitalismo con la sua invasione di marchi e di commercializzazione, il doping, la cementificazione selvaggia... Quest'ultimo punto mi sta sopratutto molto a cuore. Non è possibile che ogni volta che c'è un grande evento (tipo Olimpiadi, Mondiali, Europei, o Expo) si debba sconvolgere la faccia di una città, cementificando a più non posso. Ogni grande evento è una sorta di condono voluto e mascherato (l'avevano capito molto bene Bertolaso & Co.). A questo punto le soluzioni sono due: o si sceglie una città fissa dove svolgere sempre lo stesso evento (almeno cementifichi una volta, e morta li), oppure ci si fa andare bene le strutture che ci sono (se non sono abbastanza capienti, si allarga la manifestazione a tutte le città più importanti del Paese ospitante). Si possono organizzare grandi eventi, senza per questo dover riempire tutto con nuovi metri cubi di cemento e di asfalto. Basta ridimensionarsi un po', ed utilizzare il cervello.

Le cose basta volerle, per realizzarle. E' quello che ci ha insegnato anche Pistorius in queste Olimpiadi.

Un abbraccio a tutti,
Anima Blu

giovedì 2 agosto 2012

Un futuro per Taranto...


Qualche tempo fa, dopo aver visitato la città di Taranto, scrissi un articolo al riguardo. Rimasi sconcertato dalla bellezza di questa città, e da come l'uomo sia riuscita a distruggerla vergognosamente. Un conto è parlare di Taranto avendo visto le immagini in tv, un altro è parlarne dopo averla visitata di persona... Credetemi, cambia radicalmente la prospettiva delle cose (o, perlomeno, così è stato per me): nessuna ottima ripresa televisiva può trasmetterti il senso d'angoscia e di abbandono che provi una volta poggiato i piedi nella città jonica. Ciò che mi è apparso chiaro da subito è stato il fatto che a Taranto si sia compiuto un vero e proprio scempio “all'italiana” (forse il più arrogante scempio che il nostro Belpaese ricordi). Quando si parla di Taranto in tv, si parla solamente di uno stabilimento che inquina... Tutto molto generico, senza dettagli né precisazioni. Cosicchè, lo spettatore da casa si fa l'idea di un impianto che inquina (come tanti altri), vicino a una città come tante altre, in una situazione come tante altre. In realtà, gli andrebbe spiegato che l'Ilva di Taranto non è vicino, bensì dentro la città stessa (quasi la ingloba, a pochi metri com'è dalle abitazioni dei cittadini). Gli andrebbe anche spiegato che l'Ilva è solo uno dei megaimpianti disseminati intorno alla città... Oltre all'acciaieria, infatti, ci sono : una raffineria dell'Eni (praticamente attaccata all'Ilva), un cementificio, un inceneritore, e un porto industriale! Infine, per spiegargli che città meravigliosa era e sarebbe stata Taranto (e quanto folle sia stato il progetto industriale costruitogli intorno), bisognerebbe portare lo spettatore a visitarla direttamente (nessuna parola basterebbe per rendere abbastanza bene l'idea): una piccola penisola, allungata in mezzo al mare, con un centro storico mozzafiato e l'acqua tutt'intorno a farle da corona. Potremmo definirla una specie di Florida, o più semplicemente una delle più belle città del Salento (al pari, se non più, di location come Lecce, Otranto, o Gallipoli).


Oggi, finalmente, dopo decine di anni in cui tutti sapevano e nessuno faceva nulla, è arrivata la Magistratura (con il procedimento di sequestro degli impianti a caldo). E' arrivata la Magistratura, laddove tutto è fallito: lo Stato, la politica, il sindacato, la cittadinanza attiva... Tutto. L'intervento della Procura ha sbattuto in faccia a tutti la verità dei fatti. E' stata la più grande sconfitta di tutti quelli che, chi più chi meno, diceva che le cose andavano bene così com'erano: l'amministrazione comunale (la quale doveva essere in prima linea per pretendere un cambio di rotta), la giunta regionale (a rivederli oggi, fanno sorridere e incazzare gli slogan di Vendola che, pochi mesi fa, annunciava trionfante il rispetto dei limiti di emissione dell'Ilva. I limiti, a detta del presidente-poeta, sarebbero stati rispettati grazie ad una Legge regionale che obbligava l'acciaieria a rendere conto di ciò che usciva dai suoi camini... Peccato però che i controlli non fossero continuativi, e che venissero addirittura concordati con l'azienda!? D'altronde, è lo stesso Vendola che oggi, invece di ammettere di essere stato sconfitto anche lui, attacca dicendo che bisogna smetterla con il “fondamentalismo ambientalista”... Lo stesso Vendola che ha fondato un partito che si chiama “Sinistra, ECOLOGIA e Libertà”!? Mi viene da pensare che, forse, stare troppo seduto sulle poltrone del “potere”, gli ha fatto scordare il significato più autentico della parola “ecologia”), e tutte quelle istituzioni pubbliche che avevano il compito di tutelare la salute pubblica.

Oggi la Procura ha inquisito, e posto agli arresti domiciliari, i dirigenti e il Patron dell'Ilva. Benissimo. Mi piacerebbe, però, vedere inquisiti e sbattuti in galera anche tutti quei dirigenti pubblici che hanno permesso (con parole, opere e omissioni) che, in quarant'anni di negligenze, si arrivasse a questo punto. I privati, si sa, sono molto spesso dei mascalzoni che inseguono il profitto (a tutti i costi, e con tutti i metodi possibili)... E per questo vanno puniti, con la maggior severità possibile. Tuttavia, i privati non hanno occupato abusivamente i terreni di Taranto, costruito megaimpianti industriali, inquinato a più non posso, senza che le istituzioni pubbliche ne sapessero nulla. Ci sono stati uomini dello Stato, a più livelli (locale, regionale, e nazionale), che hanno permesso (con delibere e permessi, con accordi sottobanco, con l'omertà di chi vede e si gira dall'altra parte) che si arrivasse a questo punto. Mi piacerebbe molto che ora li si andasse a prendere uno per uno, li si sbattesse sul banco degli imputati (chiedendogli conto delle azioni che hanno compiuto in veste di amministratore pubblico), e li si punisse con la massima pena possibile (se riconosciuti colpevoli, ovviamente). Se non c'è una Legge che permette di fare quest'operazione, allora si faccia la Legge! E' venuto il momento che chi si occupa della “cosa pubblica” risponda in prima persona per ciò che commette (e permette) nella sua veste di “funzionario dello Stato”. E' grave che un privato non si occupi della salute dei cittadini, ma è ancor più grave che non se ne occupi chi ricopre il ruolo di Stato. Perciò, lo Stato deve dare l'esempio, e incominciare a punire chi sbaglia sapendo di sbagliare .

... Al di là di tutte queste valutazioni, la domanda è: ora che si fa? L'intervento della Magistratura è arrivato come un fulmine a ciel sereno. Nessuno si aspettava (e men che meno sperava) accadesse qualcosa del genere... A tutti, chi più chi meno, andava bene si continuasse nell'inerzia che ha dominato fino ad ora. Il discorso che circolava, riassunto, era una cosa del genere: “ma si, d'accordo, l'Ilva inquina. Ma quale impianto non inquina? Risolvere il problema di Taranto è troppo complicato. Lasciamo tutto come sta... Son quarant'anni che va avanti così...”. E invece no. E' arrivata la Procura (ripeto, l'unica istituzione pubblica che ha “voluto” e “dovuto” intervenire) a dire che così non va bene per niente. La classica figura del guastafeste, insomma. Gli operai sono, come ovvio, preoccupati di perdere il posto di lavoro. Taranto è diventato anche l'emblema della presenza, e qualche volta dello scontro, fra due anime storiche della Sinistra: la Sinistra ambientalista, e la Sinistra operaia. La prima mette al centro, prima di ogni altra cosa, la difesa dell'ambiente e della salute dei cittadini. La seconda, pur criticandone alcuni meccanismi, ha necessariamente bisogno che il modello industriale continui (e, possibilmente, si sviluppi). Inutile dire che, personalmente, parteggio per la prima. E' comprensibile (e assolutamente giustificata) la paura degli operai di perdere il lavoro. Tuttavia, gli consiglierei di vedere la Magistratura come un'amica, non come un ostacolo. La Procura è l'unico soggetto a cui, al momento, interessa difendere la loro salute (tutti, sebbene a parole dicano l'opposto, se ne fregano di chi lavora in quella fabbrica). Il paradosso è che, davanti ad un impianto che inquina, e davanti ad un soggetto che vuol fermarlo per tutelare la salute di chi ci lavora, lo stesso lavoratore debba invece chiedere di continuare a farlo funzionare. E' ovvio che gli operai chiedano ciò perchè non possono permettersi di restare senza lavoro. Permettetemi, però, di sottolineare che è davvero un paradosso un sistema che spinge gli operai a comportarsi in tal modo!? A tal proposito, ho letto in questi giorni un azzeccatissimo commento... Diceva: gli operai di Taranto preferiscono l'inquinamento, perchè il cancro è possibile, mentre la fame è certa! Amara verità...

Dicevamo: ora che si fa? Innanzitutto, i limiti d'emissione vanno messi a posto e l'area va bonificata (anche se non capisco bene cosa s'intenda per bonificare... Taranto è tutta da bonificare!?). Il problema è che il signor Riva (patron dell'Ilva) ha già detto, molto candidamente, che lui i soldi per bonificare l'area non ce li mette. Perciò, il Governo si prepara a stanziare vagonate di soldi per rimediare i danni provocati dall'impianto (si, d'accordo, i danni fuori dall'acciaieria... Però quei danni li ha pur sempre fatti l'Ilva, no?). Questo è lo splendido sistema liberista: il privato può fare quello che vuole, lo Stato non deve interferire in alcun modo (bisogna lasciare spazio illimitato al mercato per autoregolarsi!)... Quando però poi il privato combina danni, allora a dover pagare è lo Stato!? Wow. Fantastico. Applausi… A voi sembra logico? A me no, per niente. Il pubblico non deve versare nemmeno un euro per sistemare i danni provocati dall'Ilva. Se è lo Stato a dover pagare, allora si nazionalizzi l'impianto. Questa è un'altra bella regolina che andrebbe scritta sottoforma di Legge: quando una società privata fallisce (perchè gestita male), o quando si rende responsabile di danni verso l'intera comunità, va nazionalizzata (con i beni privati dei responsabili sequestrati... come si fa con i mafiosi!). A me va benissimo che esistano un pubblico e un privato, a patto che i soldi pubblici restino nel pubblico. Un privato non darebbe mai un euro per sistemare un danno provocato dallo Stato... Perchè non deve valere lo stesso principio, anche al contrario? Si nazionalizzi l'Ilva, prima di ogni altra cosa (d'altronde già lo era, prima di essere “regalata” ai signori Riva), e poi si decida cosa fare. Tutti concordano sul fatto che l'acciaieria debba continuare a funzionare. Poche sono le voci che sostengono vada chiusa. Io sono fra quelle voci. Il motivo principale che apportano alla discussione è che da lavoro a 15 000 persone, da più di quarant'anni, e che chiuderla sarebbe una tragedia. E' vero. Hanno ragione. Chiudere l'Ilva, oggi, sarebbe un'operazione molto complicata. L'Ilva non andava costruita li, con quelle modalità (pensate che sono stati abbattuti 20 000 alberi d'olivo e più di 100 masserie per lasciar posto a questo ecomostro). Tuttavia, mi pongo una domanda: ma in una Società in cui domina il pensiero della flessibilità a tutti i costi, è così scandaloso pensare che dopo quarant'anni una fabbrica del genere possa anche chiudere? Il ministro dell'Ambiente Clini, fido paggetto del signor Monti (quello che dice che un lavoro per tutta la vita è monotono!), si prodiga nel sostenere che l'Ilva debba continuare ad esistere. Ma come... Volete la flexsecurity (flessibilità sempre e comunque) per tutti, tranne che per i megaimpianti industriali? Il discorso che fanno è: l'Ilva, seppur inquinando, ha garantito benessere e ricchezza ai tarantini per quarant'anni... Chiuderla oggi sarebbe un disastro ancora peggiore. E' un pò come se davanti ad un boss mafioso, pronto per essere arrestato, si dicesse: si d'accordo, è un mafioso, ma ha garantito posti di lavoro per quarant'anni. Lasciamolo libero. Lasciamogli continuare a fare il mafioso. E' meglio per tutti... Vi pare sensato?

Io dico: Taranto ha funzionato (per modo di dire...) per quarant'anni, è stato un polo d'eccellenza nella produzione industriale, ha sacrificato morti e ambiente per l'Italia. Ok? Va bene, facciamo finta che sia andata bene così... Adesso basta. Taranto, dopo quarant'anni, ha diritto a vedere un futuro diverso, un'economia diversa, una prospettiva diversa. Taranto ha diritto a smetterla di contare i morti, i bambini malati, le tombe nei cimiteri (troppa gente immolata sull'altare del benessere della Nazione). Adesso basta. Certo, cambiare la faccia e l'orizzonte della città jonica è senz'altro un'impresa titanica, un cammino lungo e tortuoso. Tuttavia, noi esseri umani non siamo quelli evoluti, quelli che amano progredire, quelli che si mettono continuamente in discussione? Suvvia... Vogliamo andare a cercare l'acqua su Marte, e non siamo capaci d'immaginare un futuro diverso per Taranto?

Cosa si potrebbe fare in concreto? Innanzitutto, ai lavoratori di Taranto andrebbe garantito un reddito di cittadinanza (oltre ai classici cassa integrazione e altro). Si, lo so cosa state pensando... Ci vogliono una marea di soldi. E' vero, ci vogliono una marea di soldi. Per fare cose utili ed importanti, ci vogliono sempre tanti soldi. Incominciamo a mettere un po' di patrimoniali, ad azzerare le spese militari, a togliere TUTTI i finanziamenti pubblici a giornali e partiti, e vedrete che qualcosa comincia ad uscire. Quegli stessi operai andrebbero poi rimpiegati nei lavori di bonifica degli impianti. Sul futuro dell'impianto si potrebbe pensare a lanciare una gara pubblica di acquisto di brevetti e di tecnologie all'avanguardia (in Italia ce ne sono tanti, che aspettano e non trovano sbocco), e riconvertire così l'industria di Taranto in un polo di eccellenza della produzione pulita. Un'altra idea (visto la grandezza degli impianti potrebbero coincidere entrambi) sarebbe quella di trasformare gli impianti in un polo museale. In Germania, che non hanno un decimo dei beni culturali che abbiamo noi (ma che sono aperti con la mente, e sanno far rendere fino all'osso ciò che hanno), hanno trasformato vecchie fabbriche dismesse in musei accattivanti che raccontano la produzione industriale. Quei musei oggi rendono come, se non più, di quando erano fabbriche in funzione. Se a ciò unissimo il rilancio della città come centro turistico (Taranto, per quanto è bella, potrebbe attrarre vagonate di turisti... Ovviamente, andrebbe un pò sistemata! C'è un centro storico, ad esempio, davvero mozzafiato... Peccato stia letteralmente cadendo in pezzi!?), si potrebbe innescare un meccanismo davvero virtuoso. Una volta bonificata, potrebbero essere rilanciati anche altri settori strategici: la pesca, l'agricoltura, la pastorizia (oltre a nuovi possibili campi su cui dirigersi), eccetera. Certo, tutto questo è lungo, dispendioso, faticoso (bonificare Taranto oggi, dopo quarant'anni, può risultare talmente difficile da sembrare quasi inutile). E' sicuramente molto più semplice lasciare tutto com'è, illudersi di mettere sotto controllo le emissioni dell'Ilva, continuare a far morire la gente di cancro (perchè, per quanto tu possa regolarla, l'acciaieria continuerà a produrre morti. In nessun paese del Mondo, se non in Cina forse, si costruirebbe un'acciaieria dentro una città!?). E' indubbio che su Taranto occorre fare un investimento, di futuro e di civiltà. Quale investimento, all'inizio, non è dispendioso? La finanza fallirebbe, se abbandonasse il principio del rischio nell'investimento. E' proprio questa parola che manca nel vocabolario del nostro Paese: “investimento” (etico, moderno e intelligente). La parola “investimento” è ciò che potrebbe dare un rilancio al nostro Paese. In Italia si è sempre pensato alla comodità del momento, alla scorciatoia più semplice e meno dispendiosa. Mi sarei aspettato dal signor Monti (persona certamente molto intelligente), che cita De Gasperi (“Il politico pensa alle prossime elezioni, lo statista alle prossime generazioni”), un'indicazione di rotta nel seguire investimenti redditizi ed innovativi . Invece niente. Nada de nada. Il signor Monti, il grande economista, è stato solamente capace di mettere le mani nelle tasche dei soliti noti poveracci (anche qui... Via comoda e veloce). Nessuna patrimoniale. Nessuna spinta all'innovazione tecnologica. Anzi... Ha semmai consentito al banchiere Passera di togliere i finanziamenti alle rinnovabili, per lasciar posto alle trivellazioni nell'Adriatico!? Ottimo, no?

In conclusione... Mi auguro si riesca ad immaginare un futuro diverso per Taranto, come per tutto il Paese. Un futuro in cui si abbia il coraggio di osare, di uscire dal comodo seminato. Un futuro in cui si prendano i soldi dove si devono prendere (senza più reticenze o imbarazzo alcuno), e si mettano dove servono davvero. Un futuro intelligente, etico e pulito. Un futuro, insomma.

Me lo auguro con tutto il Cuore, anche se (ahimè) ne dubito davvero.

Un abbraccio a tutti,
Anima Blu