martedì 3 maggio 2011

Una colomba per i bambini di Fukushima...



In occasione del venticinquennale di Chernobyl molti si stanno ricordando (ed alcuni con opportunismo) dei cosiddetti "bambini di Chernobyl". Sarebbe immorale non ricordarsi anche dei "bambini di Fukushima", i quali, forse, avranno bisogno, paradossalmente, di un maggiore supporto, in quanto figli di un doppio abbandono: quello messo in atto dalla politica della minimizzazione nucleare e, ironia della sorte, quello della comunità mondiale che considera il Giappone una potenza economica in grado di assistere dovutamente i propri cittadini. E così il cerchio si chiude: la salute di questi bambini è data in saldo al silenzio colpevole della lobby nucleare e al disinteresse silenzioso di una cooperazione che valuta unicamente le possibilità di intervento con parametri umanitari/economici, senza considerare le già compromesse aspettative di vita, non solo di questa, ma anche delle future generazioni.
L’attenzione viene sempre più guidata (e giustamente!) verso la necessaria ricostruzione con l’obiettivo di riportare, quanto prima, una parvenza di normalità. E in questa doverosa normalità da assicurare, pian piano scemerà l’attenzione verso un nemico, insidioso come la mafia: la radioattività, infatti, non si sente, non si vede, non ha odore.
L’unica soluzione per non pagarne la responsabilità, e il giusto risarcimento morale e economico, sarà l’oblio; la soluzione cinica per definire “psicosi” il futuro diritto alla salute dei “bambini e della popolazione di Fukushima”, sarà la minimizzazione, se non la liquidazione, degli effetti del fall out. Già dall’11 marzo, i radionuclidi si stanno incorporando nei corpi di questi bambini, dei loro genitori, fratelli, nonni…E, il problema non si esaurirà fra 20 anni, come invece vogliono farci credere.
Bisogna, già fin da ora, intervenire con una costante informazione, suggerire le raccomandazioni alimentari e le indicazioni per una gestione consapevole del rischio radioattivo. Infatti, come nelle zone di Chernobyl, non saranno le competenze o il materiale a mancare, ma la volontà a diffondere con costanza e coerenza le informazioni e, soprattutto, l’attenzione e la ricerca fra le relazioni di causa ed effetto.
Bisogna intervenire quanto prima per evitare che il benessere sociale di una nuova ricostruzione e gli incentivi economici “una tantum”, distolgano l’attenzione da sepolture sempre più anticipate dalla contaminazione radioattiva, dall’attestarsi del saldo negativo nel tempo fra natalità e mortalità, dai difetti congeniti che esploderanno fra una generazione, dovuti alla trasmissione genetica degli effetti di incorporazione dei radionuclidi.
Nella patria della tecnologia, Fukushima è il clone perfetto di Chernobyl. È necessario che “il volontariato di Chernobyl” diventi anche “il volontariato di Fukushima”. È tempo di un nuovo impegno, di risorse ed anche di nuova esposizione personale. Bisogna dare strumenti per intervenire alle persone “di buona volontà”.


Massimo Bonfatti

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