venerdì 19 dicembre 2008

Riflessioni varie sulla Società

L’industrializzazione, o per meglio dire il capitalismo, promise (e sostanzialmente è ciò che continua a promettere anche ai giorni nostri … con la pubblicità, con i paroloni di manager tutti tirati a lucido) a suo tempo di far sentire ogni uomo “al centro” della piazza globale… Di renderlo felice, sempre in collegamento con il resto del Mondo. Regalava una nuova “idea”, un nuovo concetto di “felicità”… Una specie di “paese dei balocchi” moderno. E siccome balocchi fa rima con allocchi (l’uomo è, per sua natura, un po’ allocco) tutti hanno applaudito al progresso. Ora, non fraintendetemi, il progresso ha portato mille e più mille cose utili e formidabili… Nessuno, però, si è fermato 5 minuti a domandarsi che cosa il capitalismo avrebbe voluto in cambio. E soprattutto quali potevano essere le conseguenze di questo cambio (il popolo, la gente, avrebbero dovuto “stabilire i piani dell’accordo”… Ed invece hanno passivamente accettato TUTTO). La prima conseguenza, e sicuramente la più devastante, è stata la distruzione del concetto di villaggio. L’uomo è stato spinto a lasciare le campagne e la vita semplice e comunitaria che conduceva, per andare a vivere e lavorare sostanzialmente “solo” nelle grandi città. Perché questo? Intanto perché il capitalismo si basa completamente sul commercio, sulla vendita capillare, sui soldi … sull’egoismo. Il capitalismo ti vuole solo, il capitalismo vuole che ogni singolo essere vivente (uomo, donna, vecchio, bambino che sia…) abbia un suo cellulare personale, una sua automobile personale e via di questo passo. Così ognuno di noi è quotidianamente spinto a comprare, comprare, comprare e ancora comprare. Concetti come la solidarietà e la condivisione (pilastri cardini di qualunque tipo di comunità o villaggio che sia) sono stati relegati in un angolino, o nel migliore dei casi sostituiti con il principio della carità (“do il superfluo che ho”, tutta un’altra storia rispetto al “condivido, in fratellanza, il mio necessario”). Questo nuovo tipo di civiltà ha toccato, e modificato, ogni singolo aspetto della vita dell’uomo e, conseguentemente, anche del Pianeta (pensiamo al consumismo forsennato ed al conseguente inquinamento). E’ cambiato, ad esempio, il concetto di famiglia… Si è passati da un modello patriarcale (il quale aveva, anch’esso, molti aspetti sbagliati e deleteri) ad una famiglia moderna. Il capitalismo ti vuole solo, e fondamentalmente anche in tante delle nostre famiglie si è soli. Quasi si vive fra perfetti sconosciuti, il marito spesso non conosce la moglie, i genitori non conoscono i figli. Non si dialoga più. Non c’è più tempo. Si lavora, si corre tutto il giorno nel Mondo ognuno per i fatti suoi. Si torna a casa la sera stanchi, ognuno immerso nei propri pensieri.. Sicuramente una caratteristica fondamentale e positiva della famiglia “vecchio stile” era che si dialogava tanto e spesso. Durante il giorno si lavorava insieme nei campi (il lavoro comune è una delle prerogative di qualunque comunità, e la famiglia è già una forma di comunità) e la sera buona parte del villaggio si riuniva per chiacchierare. Mi racconta mia nonna delle serate passate nelle stalle, riscaldati solo dal fiato dei buoi, a raccontarsi storie. Era sicuramente una vita dura, fra mille ingiustizie, non avevano nulla ma erano felici. Sorridevano. Un po’ come adesso nei Paesi del Terzo mondo, dove la televisione ci mostra immagini di bambini coperti di stracci ma sempre con il sorriso sulle labbra. L’uomo è un essere sociale, ha bisogno di dialogare. Il dialogo è una condizione di esistenza. Il punto è che in questa Società non si riesce più a dialogare di persona, faccia a faccia. Si ha paura di mostrare le proprie emozioni, le emozioni vere non hanno spazio in questa Società (non vendono, se non le versioni un po’ banalizzate alla Federico Moccia). Ora con l’avvento di Internet pure la tv è stata ampiamente superata. La rete ha portato un nuovo concetto di dialogo, ha posto rimedio alla paura di mostrare emozioni “troppo evidenti” in faccia ad un’altra persona. Le chat, i social network ti permettono di nasconderti dietro uno schermo. Personalmente trovo aspetti anche molto positivi in questo nuovo strumento di dialogo. Se usato bene, con la giusta moderazione (sempre accompagnato da una vita anche e sopratutto reale, fatta di dialogo con persone presenti di fronte a te in carne e ossa) può permetterti di incontrare anche chi, magari lontano, non avresti altrimenti mai conosciuto. Il punto è quando la comunicazione sul web diventa quasi patologia… Quando non riesci più a staccarti dal monitor, quando costruisci un’immagine falsa di te… Su internet, alla fin fine, puoi dire qualunque cosa (molti si spacciano non per chi realmente sono, ma per chi avrebbero voluto essere. E questo è molto pericoloso, perché prima o poi torni nella vita reale e devi fare i conti di chi sei davvero). Davanti ad uno schermo puoi essere anche in contatto con tutto il Mondo, ma fondamentalmente sei solo. Nessuno può vederti piangere, nessuno può abbracciarti. Inoltre un ultimo aspetto fondamentale, facilmente riscontrabile ai giorni nostri, è il quasi totale disinteresse della gente nei confronti dei fatti del Paese. Pensiamo, ad esempio, alla politica. Il cittadino la subisce passivamente, non dialoga, non riflette. Vota soltanto per “partito preso” ( e non è un semplice gioco di parole… Io sono di destra? Allora tutto ciò che dice la destra per me è giusto! Sono di sinistra? Idem!). Credo che soltanto nel dialogo incessante l’uomo apra la sua Mente. Il dialogo, specie se fatto con persone anche molto distanti dalle tue opinioni personali, ti permette di non chiuderti nella sterile convinzione delle tue idee, di arricchirti, di essere sempre pronto a modificare anche solo in parte il tuo pensiero nel momento in cui scopri una realtà che non conoscevi. C’è bisogno di ricostruire una società per molti aspetti malata, di ricostruirla con la partecipazione di tutti e credo che questo sia raggiungibile soltanto con la conquista di un’idea di dialogo basata principalmente sul rispetto delle opinioni altrui. Infine credo che come tutte le buone “rivoluzioni” debba partire dal popolo, dalla gente che dovrebbe imparare ad interessarsi degli altri e della vita del suo Paese … insegnando magari ai politici, arroccati egoisticamente sulle proprie poltrone, come dialogare tutti insieme nell’interesse della nazione. Utopia?

Anima Blu

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